Il Formichiere Strabico

Quella mattina, quando mi svegliai, mi sentivo strano. Non saprei dire se ero cambiato io, era cambiata la mia camera, o semplicemente il giorno prima avevo esagerato con la grappa: fatto sta che qualcosa non andava per il verso giusto.
Mi alzai stentando un poco, con gli occhi ancora chiusi e mi diressi verso il bagno. Entrai nella doccia non prima di aver urtato una sedia, il comodino ed il comò, poi finalmente aprii il rubinetto ed iniziai ad assaporare il rilassante piacere dell’acqua calda. Finita la doccia mi sentii senza dubbio più lucido e sveglio, ma c’era ancora qualcosa che non andava, non riuscivo a capire cosa.
Finalmente decisi di radermi, andai davanti al lavandino, presi il tubo della schiuma da barba, misi della schiuma sul palmo della mano, una mano stranamente tozza e pelosa a dire il vero, guardai lo specchio per metterla sul mento e, finalmente, mi accorsi di cosa c’era di strano.
Dallo specchio, anziché la mia solita e comunissima faccia, mi guardava stupito il muso di un formichiere.
Mi tastai, mi guardai bene, esaminai ogni centimetro di quello che un tempo era stato il mio corpo ed eliminai purtroppo ogni possibile dubbio: ero decisamente diventato un formichiere.
Questa era senza meno quella che si suol definire una seccatura.
Mi sedetti intontito sulla tavoletta del water e rimasi lungamente seduto lì, incapace di compiere qualsiasi gesto.
Dopo un periodo infinitamente lungo sentii mia moglie che mi chiamava; non sentendo nessuna risposta, bussò; non sentendo ancora nulla, fece quello che temevo: spalancò la porta urlando sconvolta:
“Ma Mario!!”
“Bhè, io….”
Non sapevo che dire, ero anche stupito di riuscire a parlare normalmente
“Mario!!”
“Senti, io…”
“Mario, sei ancora così, sbrigati a raderti ed a vestirti, non ti ricordi che dobbiamo andare ad un matrimonio oggi?”
Non credevo alle mie orecchie; dissi incerto
“Ma.. non vedi come sono oggi?”
“Si, sei ancora più stupido ed esasperante del solito; sbrigati adesso!”
Non riuscii a controbattere, mi alzai e cominciai a radermi, iniziando dai piedi, ahem, dalle zampe, per finire al muso. Ci misi due ore e mezzo. Il risultato non era comunque confortante: sembravo comunque un formichiere sbarbato, ritto sulle zampe posteriori. L’unica cosa che ottenni fu di far imbestialire mia moglie, inviperita per il ritardo.
In macchina stranamente non ebbi problemi di sorta, l’unica difficoltà era quella di non sbattere il muso contro il parabrezza; muovendo il muso a destra ed sinistra per vedere qualcosa iniziai anche a fare strani contorcimenti con gli occhi, come se fossi strabico; con qualche contorsionismo riuscii comunque ad arrivare alla chiesa, proprio mentre stavano andando via tutti.
Mia moglie scese dalla macchina prima di me ed iniziò a giustificarsi buttandomi la colpa addosso
“Scusate, ma oggi Mario è veramente strano, non capisco che cos’abbia, guardatelo lì!”
Era il momento: tutti si girarono verso di me, ora tutti mi avrebbero visto, tutti avrebbero visto che ero diventato un formichiere e sarebbe stata la fine. Per primo mi si avvicinò Giangaleazzo, con aria minacciosa, e mi disse
“Sei sempre il solito ritardatario, non cambi mai!”
Ma come non cambi mai? Non capivo. Ma ora avrebbe notato tutto Tommaso
“Mario, caspita, in tutto questo tempo che non ci vedevamo sei cambiato, eh? Hai messo su pancetta anche tu! Benvenuto nel club dei panzoni!”
Non riuscivo a capacitarmi.
“Mario, fatti abbracciare!”
“Mario, fatti salutare!”
“Mario, giochi ancora a tennis?”
“Mario, come va il lavoro?”
Mi sembrava di impazzire. Come era possibile che nessuno si accorgesse della mia mutazione? Come inebetito salii in macchina e seguii il corteo fino al luogo dove si sarebbe tenuto il banchetto, l’ampio parco di una villa.
Il pranzo fu ancora più tremendo: nel parco c’erano milioni di formiche, attirate dai rimasugli di cibo che cadevano a terra, mentre io mi trovavo di fronte delle crêpes al tartufo, che mi apparivano vieppiù indigeste. Ero però obbligato a mangiarle, per non rendere evidente quella trasformazione che nessuno, incredibilmente, sembrava notare.
Se avevo retto di fronte alle crêpes, non potevo reggere di fronte ai tagliolini alle erbe, ed inventai un forte malore allo stomaco. Con uno sforzo sovrumano, riuscii a mangiare una tournedos Rossini, ma la fantasia di verdura era più di quanto potessi sopportare.
Fu infine più faticoso mangiare la torta che scalare una montagna.
Ciò che fu però più insopportabile furono i discorsi degli invitati: ciance senza senso e costrutto; potete immaginare quanto possa interessare ad un formichiere delle partite che stavano per iniziare, della telenovela più seguita del momento, dell’ultimo varietà del sabato sera, della capacità oratoria dei segretari dei partiti favoriti al mio tavolo, della prossima riforma tributaria. Per ore fui un semplice spettatore di una noiosissima discussione e le volte che il discorso mi pareva interessante, poche per la verità, tacqui per il timore di scoprirmi.
Alla fine del banchetto ero nelle condizioni di un pugile suonato un attimo prima di cadere al tappeto. Fu allora che mi avvicinò quel tizio di cui non sono mai riuscito a sapere nulla, tranne quello che lui stesso mi disse ed il fatto che, indiscutibilmente, l’incontrarlo modificò il corso della mia vita futura. Mentre io restavo seduto come inebetito, completamente ed assolutamente solo, in attesa che mia moglie terminasse di sciorinare una interminabile serie di pettegolezzi come se si trattasse di segreti di stato, lui mi avvicinò con l’aria di un vecchio saggio tibetano. Sulle prime, l’unica cosa che notai di lui fu la sua assoluta, totale, sconvolgente bruttezza, che mi pareva persino notevolmente superiore a quella da me raggiunta durante la notte.
“Coraggio, Mario, è una prova che dovrai superare, se vorrai riacquistare la perduta serenità.”
“Mi scusi, ma io non capisco chi è lei e di cosa si vuole impicciare.”
“Calmati, Mario, calmati e dammi del tu. Io sono l’unico qui che ti possa capire e ti possa aiutare a superare il tuo dramma.”
“Ma… io… quale dramma… non…”
“Dai, Mario, calmati ed ascoltami: so che tu questa mattina ti sei accorto di essere diventato un formichiere.”
“Ma come?”
“Non temere, Mario, in questo simposio solamente io ho visto e capito; gli altri vedono solo il solito, comune, banale Mario. Io però ho notato il tuo cambiamento e posso capire il motivo per cui sei sconvolto.”
“Io… io…”
“Non ti sforzare di ribattere ed ascolta. Tu non sei diventato un formichiere stanotte, non preoccuparti, in te non è cambiato nulla.”
“Davvero? Sei sicuro? Tu mi riporti alla vita!”
“Tu, Mario, sei sempre stato un formichiere.”
“Ma come, io credevo…”
“Aspetta a credere. Tu sei sempre stato un formichiere, ma fin dalla nascita, da quando l’infermiera ti ha sollevato verso il cielo ed ha gridato al mondo, ma soprattutto a te, che bel bambino che eri, sei sempre stato condizionato a vederti come un bell’uomo. Non impallidire ulteriormente adesso, che tra l’altro sarebbe anche una cosa difficile, ma ascoltami. Per anni le amiche di tua madre ti hanno detto quanto eri bello e gli amici di tuo padre hanno esclamato a gran voce quanto eri forte e sano. Nessuno mai ha avuto il coraggio di dire quello che vedeva per la paura di venir giudicato un folle, e quindi tutti hanno finito per abituarsi al tuo aspetto e per convincersi di vedere un uomo normale; tu ti sei così cullato su questi pregiudizi, non hai mai pensato con la tua testa, non hai mai usato la tua capacità di giudizio, hai semplicemente accettato i luoghi comuni che ascoltavi.”
“Ma mia moglie…”
“Per lei vale lo stesso discorso. Tua moglie vede quanto sei brutto…”
“Ma senti un poco, sarai bello tu!”
“Calmati ed ascoltami. Tu sai che ho ragione, se provi a pensare un poco capirai che non posso non aver ragione. Tua moglie ha sempre visto quanto sei brutto, io non la conosco, ma posso immaginare benissimo quello che è successo. Quanti anni aveva tua moglie quando vi siete sposati?”
“Beh, trentuno…”
“Ha sicuramente pesato che in fondo hai una posizione economicamente solida, hai un posto di lavoro sicuro, sei servizievole ed arrendevole, ma soprattutto lei a trent’anni era ancora nubile, rischiava di restare zitella e la cosa la spaventava.”
“No, mia moglie…”
“Posso sbagliare su qualche particolare, ma la sostanza non può che essere questa. Comunque, se la cosa ti può consolare, ti dico tutto questo perché ti ho guardato lungamente ed ho notato il tuo sguardo: uno sguardo pulito, di un uomo… haem, pardon, di un essere profondamente buono. Lei si sarà sicuramente affezionata a te col tempo.”
“Ma tu come sai tutte queste cose?”
“Perché io sono un orsetto lavatore.”
“Ed io.. perché non me ne sono accorto prima?”
“Non pensavi, accettavi pregiudizi. ”
“Ma come possiamo parlare e muoverci come uomini normali?”
“Io ho riflettuto lungamente su questo, e credo di essere giunto ad una conclusione: noi abbiamo un anima umana, che ha informato di se il nostro corpo e lo ha mutato col tempo, ma senza poterlo trasformare del tutto.”
“Ma tu come sai tutto questo? E perché me lo dici?”
“Io molto tempo prima di te mi sono accorto di non essere come gli altri. Inizialmente soffrivo moltissimo, stavo sempre da solo ed ho anche iniziato a pensare al suicidio. Poi, col tempo, ho cominciato a ragionare, a pormi domande, a cercare di capire, ho parlato con altri come me e sono giunto a tutte queste convinzioni. Era facile capire il tuo stato d’animo: bastava guardarti bene. Ho voluto dirti tutto per aiutarti, perché avevo già vissuto il tuo stesso dramma e volevo rendere meno amaro il calice che stavi bevendo.”
“Ma dimmi, perché proprio oggi mi sono accorto…?”
“Beh, i motivi potrebbero essere molti… ma il più comune è questo: ieri notte hai fatto qualcosa di particolare?”
“Io… vedi, veramente io non sono aduso, solitamente…”
“Ieri sera cosa hai fatto di particolare?”
“Ho partecipato all’addio al celibato dello sposo e, per la prima volta, mi sono ubriacato. Ma sono stati gli amici a trascinarmi, io…”
“Tu conosci Catullo?”
“Catullo… e chi è? Io questo signor Catullo non l’ho mai sentito…”
“Catullo, grande poeta latino, scrisse un celebre epigramma intitolato in vino veritas, un epigramma che si adatta perfettamente alla tua situazione. L’ubriachezza a volte dona una lucidità altrimenti sconosciuta, ma soprattutto disinibisce ed invita a dimenticare i pregiudizi ed i freni sociali.”
“Ma… il succo di tutto questo è che io dovrò restare per sempre così!”
“Perderai la tua rassicurante normalità, ma in cambio acquisterai una capacità di giudizio che non hai mai posseduto. Sarai molto di più un uomo vero di tutta la massa che ti circonda.”
“Ma io… non riesco più a parlare con nessuno… per ore sono stato a tavola con mia moglie ed i miei migliori amici… è stato terribile, mi sembravano tutti degli estranei! Sono cambiati tutti!”
“Non sono cambiati loro, sei cambiato tu. Oggi per la prima volta non ti sei obbligato ad interessarti a qualcosa per paura di essere escluso. Da oggi saprai ciò che vuoi e ciò che ti interessa, ma hai pagato questa libertà con l’assoluta impossibilità di comunicare con chi questa libertà ancora non ha acquisito.”
“Ma è terribile, sono condannato ad essere per sempre solo!”
“Si, ma sarai te stesso.”
“Ma sarò sempre un diverso, un formichiere! Tra l’altro questo naso mi sta anche facendo diventare strabico!”
“Si, ma sarai te stesso, un formichiere strabico.”
“Aspetta, non andartene, sei l’unico con cui posso parlare, io… ”
“Se sei veramente cambiato un giorno mi troverai tu. Non mi hai mai conosciuto fino ad oggi, anche lo sposo mi conosce solo di vista. Dovrai pensare e farti coraggio: solo se ci riuscirai troverai me ed altri con cui parlare.”
Dopo aver detto queste parole se ne andò. Non l’ho più rintracciato e non ho trovato altri come lui. Non ho però mai smesso di cercarlo: sono certo che un giorno troverò lui, se non lui un altro con cui poter comunicare la mia diversità. Ricordo ancora però la sua andatura mentre se ne andava, in quel rosso tramonto avvolgente di una calda giornata primaverile, mentre io restavo a quel tavolo assolutamente, completamente, desolatamente solo, da oggi in avanti, solo come può essere solo in un mondo di comunissimi uomini un formichiere strabico.

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